Tutto d'un fiato.
Come immaginavo mi ha risucchiata,tanto mi ci sentivo a mio agio,dentro.
E poi saranno poesie,se.Avevo detto.
Adesso mi dico che sì,saranno poesie,adesso.
Quello che provocherebbe brividi sembra invece un abbraccio ben piu' caldo del freddo che ti ci ha portato incontro.
Devono chiamarmi per nome,perchè io mi avvicini.
Devo sentire il suono,e riconoscerlo,perchè io mi avvicini.
Riferimenti buttati ovunque che restano lì nella loro immaterialià,nella loro non concretezza finchè mi sento chiamare per nome,e riconosco il suono.E mi avvicino.con passo sicuro o lentamente,ma mi avvicino.
Poi arrivo,e mi lascio risucchiare.avvolgere.e coinvolgere.
Pensieri che immagino prima di arrivare a leggerli.Rivoli,che partono,autonomi,e si congiungono alla fine.Due entità individuali,due pensieri,due modi di esporli,che seguono strade diverse,per arrivare a congiungersi,poi.alla fine.
Spaventano e mi ci avvicino lentamente,timorosa.Riconosco e so.Nonostante tutto vado.
Mi piace.
Forse soffochero'.
Forse le somiglianze mi aiuteranno.o forse mi spingeranno.E allora soffochero'.
Ma meglio soffocare per la troppa aria,meglio soffocare per un cuore che non regge la verità,la purezza della verità,la semplicità della verità,che dentro la campana di vetro che gli altri hanno caricato del loro ossigeno.un ossigeno che non puo' nutrire esseri così diversi anche nelle meccaniche interne.
La sensibilità e le sue conseguenze.La malattia mentale e la sua guarigione.Una fine già scritta,in ogni caso,quando il punto di partenza è una certa sensibilità,nonostante la guarigione,interna.E' guarita,ma ugualmente anni dopo è crollata. s u i c i d a. Perchè la guarigione non dovrebbe riguardare lo stato della sensibilità.La guarigione dovrebbe riguardare l'aria,contaminata,che spinge sempre piu' giu' quella campana,e che la fa percepire come peso insostenibile alla sensibilità.La guarigione dovrebbe riguardare quelli che nell'aria contaminata vivono e respirano a pieni polmoni,contaminandosi,a loro volta,e contribuendo al peso che quella campana ha,su chi ancora non è ammalato,ma solo sensibile.
Ancora.
Solo.
Sensibile.
capitolo III
...
"Che progetti hai dopo la laurea?"
Avevo sempre pensato che i miei progetti fossero di ottenere una grossa borsa di perfezionamento,in America oppure in Europa,e poi di fare la carriera universitaria e scrivere libri di poesie o,in alternativa,di scrivere libri di poesie e lavorare in qualche casa editrice o rivista.Normalmente questi progetti li avevo sulla punta della lingua.
"Non lo so"sentii che dicevo.
Fu uno shock,sentirmi rispondere così,perchè nell'istante stesso in cui pronunciai quelle parole capii che erano la verità.Avevano il suono della verità,e lo riconobbi,nella maniera in cui si riconosce una persona che da anni si aggira davanti a casa,ma rimanendo nell'ombra,e poi improvvisamente si fa avanti e si presenta come il tuo vero padre;e tu vedi che ti somiglia moltissimo e allora capisci che ha detto la verità,e che quello che per tutta la vita hai creduto tuo padre è un impostore.
"Non lo so".
...
capitolo VII
...
Vidi la mia vita diramarsi davanti a me come il verde albero di fico del racconto.Dalla punta di ciascun ramo occhieggiava e ammiccava,come un bel fico maturo,un futuro meraviglioso.Un fico rappresentava un marito e dei figli e una vita domestica felice,un altro fico rappresentava la famosa poetessa,un altro la brillante accademica,un altro ancora era Esther Greenwood,direttrice di una prestigiosa rivista,un altro era l'Europa e l'Africa e il Sud America,un altro fico era Costantin,Socrate,Attila e tutta la shiera di amanti dai nomi bizzarri e dai mestieri anti-convenzionali,un fico era la campionessa olimpionica di vela,e dietro e al di sopra di questi fichi ce n'erano molti altri che non riuscivo a distinguere.
E vidi me stessa seduta sulla biforcazione dell'albero,che morivo di fame per non saper decidere quale fico cogliere.Li desideravo tutti allo stesso modo,ma sceglierne uno significava rinunciare per sempre a tutti gli altri,e mentre me ne stavo lì,incapace di decidere,i fichi incominciarono ad avvizzire e annerire,finchè,uno dopo l'altro,si spiaccicarono a terra ai miei piedi.
...
capitolo VIII
...
"Ti ricordi "incominciai"quella volta che mi hai riaccompagnata al college in autostop dopo il teatro?"
"Sì"
"E ti ricordi che mi hai chiesto dove avrei voluto vivere,se in campagna o in città?"
"E tu hai risposto.."
"Ho risposto che volevo vivere sia in campagna che in città".
Buddy annuì.
"E tu"continuai con impeto inaspettato"ti sei messo a ridere e hai detto che avevo la tipica personalità nevrotica e che la tua domanda compariva in un questionario che vi avevano dato quella settimana in una lezione di psicologia"
Il sorriso di Buddy adesso era meno radioso.
"Bè,avevi ragione.Sono nevrotica.Non potrei trovarmi bene nè in campagna nè in città".
"Potresti vivere a metà strada"suggerì Buddy,pratico"e di lì andare ogni tanto in città e ogni tanto in campagna".
"Ah!Questo dunque non sarebbe nevrotico?"
Buddy non rispose.
"Avanti,rispondi!"incalzai.
"No"disse Buddy con voce incolore.
"Appunto!"Mi permisi una risata sprezzante."No,se nevrotico vuol dire desiderare contemporaneamente due cose che si escludono a vicenda,allora io sono nevrotica all'ennesima potenza.Volero' su e giu' dall'una all'altra per il resto dei miei giorni".
Buddy poso' la sua mano sopra la mia."Lasciami volare con te".
....
capitolo IX
...
Non volevo farmi fotografare,perchè mi veniva da piangere.Non sapevo perchè mi venisse da piangere,ma sapevo che se qualcuno mi avesse rivolto la parola,o mi avesse guardata in faccia,le lacrime sarebbero sgorgate dagli occhi e i singhiozzi sarebbero esplosi dalla gola e io sarei andata avanti a piangere per una settimana.Me le sentivo,le lacrime,sciaguattare dentro,pronte a traboccare come acqua in un bicchiere traballante e troppo pieno.
...
"Coraggio.un bel sorriso!"
Alla fine,obbediente,come la bocca di un pupazzo ventriloquo,anche la mia bocca incomincio' ad arricciarsi all'insu'.
"Ehi!"protesto'il fotografo come colpito da un presentimento"sembra che tu stia per piangere".
Fu irrefrenabile.
Nascosi la faccia nel velluto rosa del divanetto e con mio immenso sollievo le lacrime salate e i singhiozzi di infelicità che per tutta la mattina si erano aggirati dentro di me eruppero nella stanza.
...
capitolo XI
...
Vedevo i giorni dell'anno come una lunga fila di scatole bianche luminose,separate l'una dall'altra dall'ombra nera del sonno.Solo che per me la lunga prospettiva di ombre che distinguevano una scatola dalla successiva si era improvvisamente spezzata,e la serie interminabile dei giorni mi si apriva davanti abbagliante come un grande viale bianco di desolazione infinita.
Mi sembrava assurdo stare a lavarmi,se poi mi toccava rifarlo il giorno dopo.
Solo a pensarci,mi sentivo stanca.
Volevo fare le cose,una volta per tutte e basta,chiuso.
...
capitolo XV
...
..dovunque mi fossi ritrovata,sul ponte di una nave o in un caffè di Parigi o a Bangkok sarei stata sotto la stessa campana di vetro,a respirare la mia aria mefitica.
...
L'aria della campana di vetro mi premeva intorno come bambagia e io non avevo la forza di muovermi.
..
capitolo XX
..
"Ricominceremo da dove eravamo,Esther"aveva detto con il suo dolce sorriso da martire."Faremo come se fosse stato soltanto un brutto sogno".
Un brutto sogno.
Per chi è chiuso i una campana di vetro,vuoto e bloccato come un bambino nato morto, il brutto sogno è il mondo.
Un brutto sogno.
Io ricordavo tutto.
...
Forse l'oblio come neve gentile avrebbe dovuto attutire e coprire tutto.
Ma quelle cose facevano parte di me.Erano il mio paesaggio.
...
...
I genitori di Joan mi invitarono al funerale.
Ero stata una delle migliori amiche di Joan,disse MRsGilling.
"Guarda che non sei tenuta ad andarci"mi aveva detto la dottoressa Nolan."Puoi scrivere dicendo che te l'ho sconsigliato io".
"Ci andro'"dissi,e così feci,e durante tutta la semplice cerimonia continuai a domandarmi cos'è che stessi seppellendo.
..
Feci un profondo respiro e ascoltai il mio cuore ripetere l'antica vanteria.
Io sono,
io sono,
io sono.
L'impiccato
Per le radici dei capelli mi afferro' un qualche dio.
Sfrigolai nei suoi volti azzurrini come un profeta nel deserto.
Le notti sparirono di scatto come palpebra di lucertola:
un mondo di giorni bianchi e nudi in un'orbita senz'ombra.
Una noia d'avvoltoio mi affisso' in questo tronco.
Se lui fosse me,farebbe cio' che feci.
27 giugno,1960
Come immaginavo mi ha risucchiata,tanto mi ci sentivo a mio agio,dentro.
E poi saranno poesie,se.Avevo detto.
Adesso mi dico che sì,saranno poesie,adesso.
Quello che provocherebbe brividi sembra invece un abbraccio ben piu' caldo del freddo che ti ci ha portato incontro.
Devono chiamarmi per nome,perchè io mi avvicini.
Devo sentire il suono,e riconoscerlo,perchè io mi avvicini.
Riferimenti buttati ovunque che restano lì nella loro immaterialià,nella loro non concretezza finchè mi sento chiamare per nome,e riconosco il suono.E mi avvicino.con passo sicuro o lentamente,ma mi avvicino.
Poi arrivo,e mi lascio risucchiare.avvolgere.e coinvolgere.
Pensieri che immagino prima di arrivare a leggerli.Rivoli,che partono,autonomi,e si congiungono alla fine.Due entità individuali,due pensieri,due modi di esporli,che seguono strade diverse,per arrivare a congiungersi,poi.alla fine.
[E' la fine,quella piu' importante]
?
?
Spaventano e mi ci avvicino lentamente,timorosa.Riconosco e so.Nonostante tutto vado.
Mi piace.
Forse soffochero'.
Forse le somiglianze mi aiuteranno.o forse mi spingeranno.E allora soffochero'.
Ma meglio soffocare per la troppa aria,meglio soffocare per un cuore che non regge la verità,la purezza della verità,la semplicità della verità,che dentro la campana di vetro che gli altri hanno caricato del loro ossigeno.un ossigeno che non puo' nutrire esseri così diversi anche nelle meccaniche interne.
La sensibilità e le sue conseguenze.La malattia mentale e la sua guarigione.Una fine già scritta,in ogni caso,quando il punto di partenza è una certa sensibilità,nonostante la guarigione,interna.E' guarita,ma ugualmente anni dopo è crollata. s u i c i d a. Perchè la guarigione non dovrebbe riguardare lo stato della sensibilità.La guarigione dovrebbe riguardare l'aria,contaminata,che spinge sempre piu' giu' quella campana,e che la fa percepire come peso insostenibile alla sensibilità.La guarigione dovrebbe riguardare quelli che nell'aria contaminata vivono e respirano a pieni polmoni,contaminandosi,a loro volta,e contribuendo al peso che quella campana ha,su chi ancora non è ammalato,ma solo sensibile.
Ancora.
Solo.
Sensibile.
capitolo III
...
"Che progetti hai dopo la laurea?"
Avevo sempre pensato che i miei progetti fossero di ottenere una grossa borsa di perfezionamento,in America oppure in Europa,e poi di fare la carriera universitaria e scrivere libri di poesie o,in alternativa,di scrivere libri di poesie e lavorare in qualche casa editrice o rivista.Normalmente questi progetti li avevo sulla punta della lingua.
"Non lo so"sentii che dicevo.
Fu uno shock,sentirmi rispondere così,perchè nell'istante stesso in cui pronunciai quelle parole capii che erano la verità.Avevano il suono della verità,e lo riconobbi,nella maniera in cui si riconosce una persona che da anni si aggira davanti a casa,ma rimanendo nell'ombra,e poi improvvisamente si fa avanti e si presenta come il tuo vero padre;e tu vedi che ti somiglia moltissimo e allora capisci che ha detto la verità,e che quello che per tutta la vita hai creduto tuo padre è un impostore.
"Non lo so".
...
capitolo VII
...
Vidi la mia vita diramarsi davanti a me come il verde albero di fico del racconto.Dalla punta di ciascun ramo occhieggiava e ammiccava,come un bel fico maturo,un futuro meraviglioso.Un fico rappresentava un marito e dei figli e una vita domestica felice,un altro fico rappresentava la famosa poetessa,un altro la brillante accademica,un altro ancora era Esther Greenwood,direttrice di una prestigiosa rivista,un altro era l'Europa e l'Africa e il Sud America,un altro fico era Costantin,Socrate,Attila e tutta la shiera di amanti dai nomi bizzarri e dai mestieri anti-convenzionali,un fico era la campionessa olimpionica di vela,e dietro e al di sopra di questi fichi ce n'erano molti altri che non riuscivo a distinguere.
E vidi me stessa seduta sulla biforcazione dell'albero,che morivo di fame per non saper decidere quale fico cogliere.Li desideravo tutti allo stesso modo,ma sceglierne uno significava rinunciare per sempre a tutti gli altri,e mentre me ne stavo lì,incapace di decidere,i fichi incominciarono ad avvizzire e annerire,finchè,uno dopo l'altro,si spiaccicarono a terra ai miei piedi.
...
capitolo VIII
...
"Ti ricordi "incominciai"quella volta che mi hai riaccompagnata al college in autostop dopo il teatro?"
"Sì"
"E ti ricordi che mi hai chiesto dove avrei voluto vivere,se in campagna o in città?"
"E tu hai risposto.."
"Ho risposto che volevo vivere sia in campagna che in città".
Buddy annuì.
"E tu"continuai con impeto inaspettato"ti sei messo a ridere e hai detto che avevo la tipica personalità nevrotica e che la tua domanda compariva in un questionario che vi avevano dato quella settimana in una lezione di psicologia"
Il sorriso di Buddy adesso era meno radioso.
"Bè,avevi ragione.Sono nevrotica.Non potrei trovarmi bene nè in campagna nè in città".
"Potresti vivere a metà strada"suggerì Buddy,pratico"e di lì andare ogni tanto in città e ogni tanto in campagna".
"Ah!Questo dunque non sarebbe nevrotico?"
Buddy non rispose.
"Avanti,rispondi!"incalzai.
"No"disse Buddy con voce incolore.
"Appunto!"Mi permisi una risata sprezzante."No,se nevrotico vuol dire desiderare contemporaneamente due cose che si escludono a vicenda,allora io sono nevrotica all'ennesima potenza.Volero' su e giu' dall'una all'altra per il resto dei miei giorni".
Buddy poso' la sua mano sopra la mia."Lasciami volare con te".
....
capitolo IX
...
Non volevo farmi fotografare,perchè mi veniva da piangere.Non sapevo perchè mi venisse da piangere,ma sapevo che se qualcuno mi avesse rivolto la parola,o mi avesse guardata in faccia,le lacrime sarebbero sgorgate dagli occhi e i singhiozzi sarebbero esplosi dalla gola e io sarei andata avanti a piangere per una settimana.Me le sentivo,le lacrime,sciaguattare dentro,pronte a traboccare come acqua in un bicchiere traballante e troppo pieno.
...
"Coraggio.un bel sorriso!"
Alla fine,obbediente,come la bocca di un pupazzo ventriloquo,anche la mia bocca incomincio' ad arricciarsi all'insu'.
"Ehi!"protesto'il fotografo come colpito da un presentimento"sembra che tu stia per piangere".
Fu irrefrenabile.
Nascosi la faccia nel velluto rosa del divanetto e con mio immenso sollievo le lacrime salate e i singhiozzi di infelicità che per tutta la mattina si erano aggirati dentro di me eruppero nella stanza.
...
capitolo XI
...
Vedevo i giorni dell'anno come una lunga fila di scatole bianche luminose,separate l'una dall'altra dall'ombra nera del sonno.Solo che per me la lunga prospettiva di ombre che distinguevano una scatola dalla successiva si era improvvisamente spezzata,e la serie interminabile dei giorni mi si apriva davanti abbagliante come un grande viale bianco di desolazione infinita.
Mi sembrava assurdo stare a lavarmi,se poi mi toccava rifarlo il giorno dopo.
Solo a pensarci,mi sentivo stanca.
Volevo fare le cose,una volta per tutte e basta,chiuso.
...
capitolo XV
...
..dovunque mi fossi ritrovata,sul ponte di una nave o in un caffè di Parigi o a Bangkok sarei stata sotto la stessa campana di vetro,a respirare la mia aria mefitica.
...
L'aria della campana di vetro mi premeva intorno come bambagia e io non avevo la forza di muovermi.
..
capitolo XX
..
"Ricominceremo da dove eravamo,Esther"aveva detto con il suo dolce sorriso da martire."Faremo come se fosse stato soltanto un brutto sogno".
Un brutto sogno.
Per chi è chiuso i una campana di vetro,vuoto e bloccato come un bambino nato morto, il brutto sogno è il mondo.
Un brutto sogno.
Io ricordavo tutto.
...
Forse l'oblio come neve gentile avrebbe dovuto attutire e coprire tutto.
Ma quelle cose facevano parte di me.Erano il mio paesaggio.
...
...
I genitori di Joan mi invitarono al funerale.
Ero stata una delle migliori amiche di Joan,disse MRsGilling.
"Guarda che non sei tenuta ad andarci"mi aveva detto la dottoressa Nolan."Puoi scrivere dicendo che te l'ho sconsigliato io".
"Ci andro'"dissi,e così feci,e durante tutta la semplice cerimonia continuai a domandarmi cos'è che stessi seppellendo.
..
Feci un profondo respiro e ascoltai il mio cuore ripetere l'antica vanteria.
Io sono,
io sono,
io sono.
L'impiccato
Per le radici dei capelli mi afferro' un qualche dio.
Sfrigolai nei suoi volti azzurrini come un profeta nel deserto.
Le notti sparirono di scatto come palpebra di lucertola:
un mondo di giorni bianchi e nudi in un'orbita senz'ombra.
Una noia d'avvoltoio mi affisso' in questo tronco.
Se lui fosse me,farebbe cio' che feci.
27 giugno,1960
[da Ariel,Sylvia Plath]
[da TheBellJar, SylviaPlath]
6 commenti:
Bellissimo che deve essere, il libro.
Sentitissimo, da questa parte.
da quale parte?
[se posso..]
anche da qui,comunque.
da abbraccio e dà i brividi.
[tanto lo sento,questo bellissimo romanzo autobiografico..]
grazie..
Mi riprometto di leggere Sylvia Plath da tempo immemmore
Anche se ultimamenti mi stimola leggere - ascoltare gente che conosco
lo annovero tra le cose da leggere, grazie per avermelo fatto presente.
"devono chiamarmi per nome perchè io mi avvicini". condivido in pieno. devono parlare anche di me. :)
Che post lunghissimo...
Molto bello!!Da i brividi...
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