martedì 30 novembre 2010

a me mi trema il cuore.



quando torni ad ascoltare a ripetizione certi pezzi,c'è qualcosa in te che deve tornare a galla.
e lo sai.

e allora elimini le parole.
ci provi,almeno.

ma anche solo con le note,le parole[quelle parole]continuano a girarti nella testa.
le senti.
sussurrate.urlate.
anche se non ci sono.
s c a n d i t e .
[tutte]

quando sono impresse dentro,non si tolgono più,le parole.
le immagini.
le cose.

[e le persone]

Sensazioni.[io non ho sentimenti?]

Come il deodorante sotto le ascelle nel freddo del mattino d'inverno: sgradevole ma necessario.

[provando a restringere lo spazio di sgradevoli sensazioni con un thé caldo,al bergamotto.]

giovedì 25 novembre 2010

prova.

Il primo attacco di panico è arrivato ieri sera,dopo il monologo.
quando si stacca la parola l'anima trova il silenzio,ed il modo di provare spavento.quello vero.
e l'aria non passa.

perchè quando so,vado come una frezza.
ma quando non conosco.quando non so come andrà,mi blocco.
e l'ansia nuova,da qualche mese in qua è di una consistenza nuova.
è panico.


sapevo che sarebbe arrivato il momento.tanto bello quanto brutto.

il ritorno.
la possibilità.
il presentimento di una dolorosa inconciliabilità.di un limite,forte,alla condivisione a cui tengo di più.
la prova.

[incrocio le dita.tutte quelle che ho a mia disposizione.]

mercoledì 24 novembre 2010

i giorni tristi[it's hard.singing for myself]

[It's HARD]





HARD, not to make other plans
and claim that you've done all you can,
all alone   

AND LIFE MUST GO ON.

[It's HARD]

hard, not to break down and cry,
when every ideal that you tried
has been wrong
BUT YOU MUST CARRY ON.

[I't HARD]

hard, when you're here all alone
and everyone else's gone home.
Harder to know right from wrong
when all objectivity's gone
and it's gone. 

CAUSE YOU,YOU ARE THE ONLY ONE LEFT.
It's hard,
but you know it's worth the fight,
cause you know you've got the truth on your side
[...]
Don't be afraid of what they'll say.
Who cares what cowards think anyway,
They will understand some day,
some day.
 
perchè poi riflettevo su una cosa tanto banale eppure non tanto scontata.
che ne parlavamo giorni fa.
il volersi bene.e il comunicare.

l'evitarsi.o l'evitare risposte.

si può credere di volersi bene se non si riesce a comunicare?se non si vuole comunicare?

una risposta mancata cos'è?

un tentativo di comunicazione lasciato cadere nel vuoto non è un po' come due braccia che si chiudono di fronte ad uno slancio?

l'attenzione,non è l'evidenza più evidente dell'affetto?

[domande.solo domande.]

martedì 23 novembre 2010

l'ultima fetta di torta.poi una doccia calda.bollente.

Ho le ossa gelate.
Il freddo m'è entrato dentro.
da fuori.
o forse è partito da dentro,in realtà,e poi è uscito fuori.
fatto sta che adesso ho la pelle e le ossa gelate,e non m'importa da dove sia partito il freddo.
m'importa solo dove è arrivato.
al centro.
Ci sono libri che hanno bisogno di una matita in mano,per essere letti.per essere sottolineati.
Ci sono libri che poi,una volta letti,sono quasi interamente sottolineati.che ogni frase è bella.che ogni frase ha un suo splendido perchè,da tenere a mente.da segnare.

E poi ci sono i film.
Ci sono film che quando li guardo ho bisogno di avere un taccuino,a portata di mano.per segnare.per ricordare quello che altrimenti sfuggirebbe.perchè se scrivo,il senso mi sembra più chiaro.e più importante,perchè resta.insieme al momento.
Ci sono film che poi,mentre li guardi e scrivi,capisci che non puoi continuare,perchè non stai dietro alle battute.Perchè ogni frase è bella.perchè ogni frase ha un suo splendido perchè.
E allora forse un giorno,la funzione pausa tornerà utile.come quando premevi stop sul tuo walkman scassato,per trascrivere le canzoni.che internet per cercare i testi non c'era.

tra un inizio,e una fine,

...nel mezzo c'è tutto il resto
e tutto il resto è giorno dopo giorno
e giorno dopo giorno è
silenziosamente costruire
e costruire è sapere e potere
rinunciare alla perfezione...


[ti stringo le mani
rimani qui
cadrà la neve
a breve]
[Costruire_Niccolò Fabi] 

lunedì 22 novembre 2010

trovare risposte dove non si pensava di cercarle


"sto solo sottolineando il paradosso costituito dal chiedere ad un uomo mascherato 
chi egli sia"

..[ V per Vendetta,stasera in televisione,seconda serata ovviamente]


e infondo,ha qualche senso chiedere a chicchessìa chi egli sia?

sabato 20 novembre 2010

Si lanci,[Accidenti a lei!]



Eccomi.Mia Piccola Amélie,
lei non ha le ossa di vetro.Lei può scontrarsi con la vita.
Se lei si lascia scappare questa occasione, con il tempo sarà il suo cuore che diventerà secco e fragile, come il mio scheletro...perciò, si lanci.Accidenti a lei!


[e mi lancio ancora.
che non lo voglio un cuore secco e fragile.
Ma quando le ossa sono frantumate, pur non essendo di vetro, non c'è niente che possa fare per non sentirne gli spuntoni. ad ogni movimento. ad ogni pensiero, spigoloso. e pungente.]

lunedì 15 novembre 2010

sabato 13 novembre 2010

enfant terrible


eppure.
come quella volta che ho pensato che sarebbe stato meglio non essere mai esistita nella sua vita,se una mucca[per quanto simpatica]era riuscita a conquistarsi un posto nella rappresentazione della sua vita prima di me.

così adesso.
così un cazzo di mese fa.
quando me la sono fatta passare.per l'ennesima volta.perchè sì.perchè forse sono io,che ho pretese assurde.
[pretese assurde un cazzo.qui siamo all'abbiccì.alle basi.alle fondamenta.possiamo essere bravi a dipingere le pareti.è arte.è importante.dannatamente importante.ma senza le fondamenta quelle crollano,poi.anche se erano belle davvero.]

frames.
solo frames.

non contano.non contano.non contano.
[me lo ripeto a voce alta.autoconvinciti.dai.]

e invece contano,per me,se questo è il risultato.

le azioni traducono quello che è.
non le parole.
evidentemente.

e allora devo far sì che le parole non abbiano più alcun impatto su di me,se non corrispondono ai gesti.e alle scelte.
perchè se restano orfane di quelle,io resto mutilata di quelle parole.e del loro spaventoso eco.

e organizzo un viaggio,adesso.a un giorno prima.che sono cambiati i presupposti.e lo spirito.e devo riuscire in ventiquattrore a cambiare anche la mia predisposizione a star bene,dunque.

ieri mattina,tardi,una sopresa inattesa.una dedica commuovente.quattro occhi venati di rosso,che trattenevano a fatica le rispettive lacrime,parlavano di come si possa decidere e controllare nel migliore dei casi ciò che c'è dentro,ma non fuori.e di come se ci si rimette a ciò che c'è fuori si perde il controllo anche di ciò che c'è dentro.
provava a convincermi che devo cambiare.non perchè sia sbagliata.ma perchè così soffrirò.ancora.
provava a dimostrarmi che mi vuole bene.
e che dopo tanti anni comunque ci si vuole bene.anche nella lontananza.anche nell'ignoranza della maggior parte della vita dell'altro.ci sono legami che restano.
ma per restare devono essersi instaurati.
deve esserci il bene quello vero.che è innanzitutto interessamento,all'altro.non secondo i propri parametri.ma secondo quelli di colui che amiamo.avvicinamento in base a ciò di cui l'altro ha bisogno.
perchè non si senta mutilato.
perchè non senta un vuoto,un buco.in corrispondenza di un nome che dovrebbe equivalere ad una mano tesa.
ed ecco che la vita mi ha offerto un esempio.che la teoria sembra poco convincente,ma la pratica conferma che se si fa come me,si perde.
se la mia felicità comprende qualcuno che non sono io,è inevitabile che perderò.
e questo dovrebbe convincermi a fare cosa?
a cambiare?
non penso proprio.
preferisco mantenere la capacità di fondermi totalmente.che acquisire quella di delineare bene i confini.


e però intanto continuo a pensare a quei frames.e a guardarli.

solo frames.non contano.non contano.non contano.

come me.
non contano.
[non abbastanza,evidentemente]

e i conti non mi tornano.
e torno a riversare parole nere su fogli bianchi.miei e solo miei.
invece che parole bianche su pagine nere.che alla fine sono di tutti.
che alla fine usano tutti.

maledettoilgiorno.

venerdì 12 novembre 2010

missili,dagli occhi.[che bel disco]e non c'è nientedacapire non c'è nientedacapire[in questo mare nero nero mare]

e mi mancano le constatazioni amichevoli del nostro niente.


[ascoltando.LeLuciDellaCentraleElettrica.PerOraNoiLaChiameremoFelicità]


il nostro scambio d'organi ha imbrattato le pareti dobbiamo ridipingerle


mi parlavi di risorse limitate della tua pelle rovinata e di eclissi per non rivederci
che a forza di ferirci siamo diventati consanguinei

e se ti piove dentro e se hai i temporali dentro

quando mi hai detto che sono come l'edera
quando ti ho detto che sei come l'edera 
e hai deciso che sei lesbica
...
e tutti i nostri no dove vuoi che ci portino
e neanche se ti pagano
[ma tanto non ti pagano]

e se gli alberghi appena costruiti coprono i tramonti 
tu non preoccuparti tu non preoccuparti
[che è già da mesi,che è già da quel live,una delle sue frasi ricorrenti.che mi si addice così tanto.che non devo preoccuparmi.che non devo preoccuparmi]
 
che i sogni siano sintomi siano armi nucleari
[ustionati dai nostri desideri]

cit.

da wikipedia.
copiaincolla.

[perchè non ce la faccio a vivere per compartimenti stagni]

La corrente alternata (CA o AC dall'inglese: Alternating Current) è caratterizzata da un flusso di corrente variabile nel tempo sia in intensità che in direzione.
[...]
Di maggiore interesse però è il fatto che la distribuzione in corrente alternata si è dimostrata più efficiente (minore perdita di potenza lungo la linea) della corrente continua per le trasmissioni di potenza elevata;
[...]
Alcune apparecchiature tuttavia richiedono l'alimentazione a corrente continua e questa può essere ottenuta, dalla corrente alternata, mediante un raddrizzatore.
Con l'adozione di un'efficiente tecnologia elettronica di potenza è possibile, per contro, da corrente continua ottenere corrente elettrica alternata, generata in opportuni parametri di frequenza, forma d'onda e tensione mediante dispositivi detti inverter.
[...]

Chiaro come il sole,no?

lunedì 8 novembre 2010

hai presente?

La figlia dello scarparo che va senza scarpe.


E continuo a vedere metafore calzanti,ovunque.E soprattutto in cucina.che per me è amore.
e non può essere un caso.

le castagne.bruciacchiate da un lato
[sempre].

l'unico regalo che vorrei

Il tempo.
Il proprio tempo.

Ma non il dedicarlo per l'altro.il dedicarlo per sè.cioè:essere felici di dedicarSi.reciprocamente.sentire che dare corrisponde ad avere.

Il regalo che nessuno[se non lui]è disposto a farmi è, paradossalmente, l'unico che vorrei.

La felicità di qualcuno,nel dedicarmi il SUO tempo.nel donarSI.

Un dedicarsi non nella casualità.e non nella possibilità.ma nell'impossibilità.
Un dedicarsi anche se costa una rinuncia,un sacrificio.
Perchè quel mio sorriso.quel mio sguardo,valgono di più.
[e mi ripeto parole che non sentirò mai.compensazionementale]

L'unico regalo che vorrei.
E che non avrò.

Non per una laurea.non per un natale.non per un compleanno.
Per una vita.
Nè da chi non ci sarà[annunciatamente]nè da chi ci sarà[casualmente].non alla laurea,non a natale,non ad un compleanno.ma nella mia vita.

l'indifferenza uccide.

e io non sono un gatto.
e se anche lo fossi avrei comunque finito le sette vite a mia disposizione.

martedì 2 novembre 2010

la prima impressione[a me non mi frega mai]

la prima impressione.
mi ricredo solo sulla musica.
a volte i primi ascolti mi tradiscono.
odio cose che poi quando le riascolto,amo.

come lui.
che ho accuratamente evitato per un anno,come peste.
e poi ho assiduamente cercato,come un'appestata.o una tossica,in astinenza.

e dovevo immaginarmelo perciò.che anche thesecondtime,sarebbe stato così.

al riascolto,lo amo di già.di nuovo.


grigia e piovosa.e uggiosa.

andrei volentieri ad un concerto.
dei petrol.

che io sappia,non suoneranno a breve.

confido di esserci,però,all'anteprima delle luci.che i nuovi pezzi mi piacciono già.
forse non sarà un dovermi ricredere,come credevo.

lunedì 1 novembre 2010

only a case of me.

Just before our love got lost you said
"I am as constant as a northern star"
And I said, "Constantly in the darkness,
Where's that at?
If you want me I'll be in the bar"

On the back of a carton coaster
In the blue TV screen light
I drew a map of Canada
Oh Canada
And I sketched your face on it twice

Oh you are in my blood like holy wine
Oh and you taste so bitter but you taste so sweet
Oh I could drink a case of you
I could drink a case of you darling
Still I'd be on my feet
I'd still be on my feet


Oh I am a lonely painter
I live in a box of paints
I'm frightened by the devil
And I'm drawn to those ones that ain't afraid
I remember that time that you told me, you said
"Love is touching souls"
Surely you touched mine
Cause part of you pours out of me
In these lines from time to time

Oh you are in my blood like holy wine
And you taste so bitter but you taste so sweet
Oh I could drink a case of you
I could drink a case of you darling
Still I'd be on my feet
I'd still be on my feet

I met a woman
She had a mouth like yours
She knew your life
She knew your devils and your deeds
And she said
"Go to him, stay with him if you can
Oh but be prepared to bleed"
Oh but you are in my blood you're my holy wine
Oh and you taste so bitter but you taste so sweet
I could drink a case of you darling
Still I'd be on my feet
Still I'd be on my feet
I'd still be on my feet


Vecchi dolori e nuovi timori.
La voglia di essere pronti a sanguinare.
da dove viene.e perchè?chi è che ce l'ha messa là dove sta?e chi ha il potere di togliercela da là?

Le coincidenze non esistono.
il mio primo fidanzatino mi lasciò il giorno prima del mio compleanno.
forse è da allora che odio il mio compleanno.o forse è dagli anni seguenti.quando anno dopo anno,mi accorgevo che infondo,non contavo poi molto,per nessuno.
MAI ABBASTANZA,in ogni caso.
il mio compleanno,prima.
ogni possibile festività,poi.
oggi.

nel giro di una settimana sono tornati fuori discorsi vecchi che puzzano di muffa.con persone diverse.persone che non voglio più intorno.
anche se non restasse nessuno.
mi si fanno discorsi lontani anni luce da me.
discorsi che mi rifiuto di voler comprendere.
mi dicevano anarchica.utopica.un pò barricadera.
non sono più niente di ciò che ero,forse.
ma la dignità voglio mantenerla.
meglio sola.
che in questa marmaglia ipocrita e schifosa.
banderuole al vento.
solo se conviene.piccole grandi iene.

qualcuno pronto a bere una cassa intera di me non lo incontrerò mai.
un bicchiere,al massimo.tutto d'un fiato.o assaporandomi sorso dopo sorso.
ma è come se io avessi un gusto buono.buono solo se sai che finisce.prima o poi.è come quelle cose che senti che sono buone solo al pensiero che sta per finire.se ce n'è in abbondanza,no.
cercare qualcuno disposto a bere dallo stesso calice.a sorseggiare l'anima,un pò alla volta,sperando di averne sempre ancora un pò,per dopo,è utopia.
qualcuno che come me speri che ce ne sia una botte.senza fondo.e senza mogli ubriache.
solo botti piene.
dell'altro.
anche se sembra troppo.
anche se E' TROPPO.
volerne ancora.
sempre.
e comunque.

anarchica.
utopica.
un pò barricadera.
dicevano,di me.

che ridere.oggi.
io e i miei mille dubbi,mille ripensamenti.mille giustificazioni a posteriori,per tutti.
e se.e se. e se.
va bene tutto.

e per me
[?]

chi come cosa quando e perchè[?]

e non avere nessuno a cui chiederlo.
fra queste lacrime nere.e amare.


e ritirarsi è coraggioso,sempre.se c'è un motivo è coerenza.e coraggio.
perchè siamo animali sociali.
e senza amore siamo niente.
io,almeno.so di essere niente.
ma la finzione.la mediocrità.l'ipocrisia.
meglio essere niente.
che essere questo.
dico io.
a me.

e ritirarsi è coraggioso.
mi dico leggendo i perchè moltheni se ne va dalle scene.e anche leggendo i perchè de carlo non partecipa a premi letterari nè a giurie semi serie.
hanno ragione loro.
ma loro sono qualcuno.
e hanno affermato il loro qualcuno al mondo,in pratica.e con un pò di fortuna qualcuno di simile l'hanno trovato.qualcuno di simile a loro,li avrà cercati.immagino.
e quindi.
ritirarsi.
coerenza.
stima.
coraggio.
con la delusione che un ritiro comporta.e i rischi.
ma anceh con il loro essersi mostrati per ciò che sono a tutti.qualcuno non li ha capiti. qualcuno li ha travisati. qualcuno li prenderà permatti.anarchici.utopici.barricaderi,forse.
ma qualcun altro no.
li stima e apprezza.e spera che ci sia qualcuno di simile,allora.da qualche parte.

ma se ti ritiri prima di aver dichiarato ciò che sei.o dopo averlo dichiarato solo a persone che non potevano recepirti stimarti apprezzarti amarti,volerti.
allora il ritiro cos'è?

emarginazione.volontaria.
e senza appello.


nessuna possibilità di condividere sfiducia.

NOT LIKE THEM.
a spirale.

nel giorno dei santi e dei morti che si sono ritirati prima di essersi dichiarati.
nel giorno in cui qualcuno qui qualcun altro lì,lo aveva capito.

la vita è uno schifo inutile.
e io ne faccio parte.

point of view

da http://www.tgcom.mediaset.it/spettacolo/articoli/articolo471144.shtml

"Mi ritiro dalla musica stupida"

Moltheni a Tgcom su "Ingrediente Novus"

"Ingrediente Novus" è il cd/dvd con i 16 brani più belli dei dieci anni di carriera di Moltheni. Nella tracklist due inediti: "Petalo" e "Per Carità di Stato" a sfondo socio-politico. "Ora mi ritiro - spiega il cantautore a Tgcom -. Il mondo della musica mi ha deluso, è stupido e io non lo sono. I giornalisti vanno a braccetto con gli artisti più famosi e non sono sinceri quando li recensiscono. Dente e la Antolini nuovi talenti? Per carità...".

Perché incidere "Ingrediente Novus"?
E' stata una scelta spontanea dopo dieci anni di carriera come musicista volevo racchiudere in questo lavoro i sentimenti genuini che hanno contrassegnato il mio percorso. E' un epilogo...

Allora si ritira?
Sì, mi ritiro da questo mondo musicale stupido e io non sono stupido. Non credo di aver rappresentanto in termini di valore nulla in questi anni.

Secondo lei, perché?
Non ho un buon carattere e dico le cose in faccia senza problemi. Questo atteggiamento mi ha creato dei problemi e quindi mi faccio da parte.

Da chi è rimasto deluso?
Anche da molti giornalisti. Ormai i critici musicali, veri, di un certo spessore si contano sulle dita di una mano. Oggi si leggono recensioni uguali e pari a zero dal punto di vista dei contenuti e stilistico. I giornalisti - molti dei quali tendono più ad apparire che a scrivere - vanno a braccetto con gli artisti/compagni di merende e ne parlano sempre bene a prescindere. E quindi tutti a parlare bene di Vasco Rossi, Ligabue, Subsonica, Afterhours. Mai uno che dà un bel 5 a uno dei dischi degli artisti che ho citato. Poi se prendi uno ad uno questi giornalisti ti dicono 'hai ragione sai?' e poi al momento pratico non hanno il coraggio. Insomma regna l'ipocrisia ed è pure scadente.

Insomma è difficile trovare buona musica in giro?
No anzi, in questo periodo ce n'è tanta. Vado sempre nel mio negozio di dischi a comprare album e scrutare progetti interessanti. Ma siamo sempre lì i media inculcano alla popolazione prodotti che non sono di qualità. Insomma mi sembra tutto alla luce del sole, è tutto estremamente prevedibile, piccolo. Ad esempio, quest'anno sembra che il disco di Dente sia il migliore album che sia stato fatto negli ultimi anni. Mi viene solo da ridere, e che dire di Beatrice Antolini? E' il solito esercizio di maniera con cui certi giornalisti amano sbizzarrirsi ogni anno. Ho già in mente due nomi della cosiddetta scena indie di cui si parlerà quest'anno. Ho già scomesso vediamo se indovino anche questa volta...

Insomma Moltheni scompare dalle scene, non ci sarà proprio occasione di ascoltare qualche sua nuova produzione?
Ho tante idee in testa e ci sto già lavorando. Ho in progetto delle collaborazioni con un gruppo folk americano e probabilmente a breve in studio inciderò qualcosa che però sarà a tiratura limitata da distribuire agli amici. Mi auguro che tutto quello che farò non sarà recensito...

Neanche una recensione?
A che serve? "Ingrediente Novus" è uiscito da un mese e mezzo. Una bella raccolta con un disco e un dvd. Insomma è stato recensito solo da due giornali e per giunta erano dei trafiletti. Insomma non c'è neanche più il concetto della recensione vera a propria. Sui vari magazine di musica vedi la Mannoia, J-Ax, i Subsonica in tutti i loro progetti collaterali. E alla base di tutto c'è sempre il denaro...

A cosa si riferisce?
Radio Popolare che ha sempre rappresentato una grande ricchezza per l'informazione musicale sta chiudendo i battenti. Io mi chiedo perché Vasco, i Subsonica o Ligabue che prendono tantissimi soldi non ne versano solo un po' (tanto a loro non cambia nulla) per far sì che questa radio non chiuda? Insomma non c'è più solidarietà e non ci sono più valori. Si pensa solo ad andare al Concertone del 1 Maggio per far bella figura e basta. Questo mondo è stupido e io non lo sono, ecco perché me ne vado.

"Ingrediente Novus" rappresenta in maniera completa la produzione di Moltheni con i brani completamente riarrangiati con la presenza anche degli archi: dall'ipnotica "E poi vienimi a dire che questo amore non è grande come tutto il cielo sopra di noi" a "Zona monumentale". Non mancano gli ospiti come Mauro Pagani, Vasco Brondi (Le Luci Della Centrale Elettrica), Enrico Gabrielli (Mariposa, Afterhours), Massimo Martellotta. Dispiace molto che un cantautore di questo calibro abbia deciso di ritirarsi dalla musica 'popolare' perché la sua scrittura è immediata, fresca non banale, tra le migliori in circolazione. Ma il tempo potrà anche fargli cambiare idea, c'è ancora bisogno del contributo in note di Moltheni (il cui vero nome è Umberto Giardini) e della sua schiettezza lucida



dal blog di andrea de carlo:

PERCHé NON PARTECIPO AI PREMI LETTERARI (e perché mi sono dimesso DALLO STREGA)

Da anni non partecipo con i miei romanzi ai premi letterari. Non è una scelta ideologica, nasce dall’esperienza diretta. Il fatto è che so come funzionano i premi, almeno quelli che incrementano le vendite di chi li vince.

Naturalmente ci sono premi - la maggior parte - che non hanno nessun effetto sulle vendite. Vengono assegnati da comuni, enti e associazioni per lo più a scopo di promozione locale; gli scrittori li ritirano per i soldi acclusi e per il piacere di essere celebrati, e per poter citare i nomi e gli anni dei premi nei risvolti dei propri libri, tra parentesi di fianco ai titoli della bibliografia. Ci sono anche alcuni premi - la minima parte - assegnati da gruppi di lettori che decidono davvero in base al piacere di leggere e all’autentica convinzione. Non è di questi che sto parlando: parlo dei premi che permettono di raddoppiare o anche decuplicare una tiratura iniziale, e che di conseguenza suscitano brame da parte degli editori, accattonaggio da parte degli autori, ricatti e baratti da parte dei giurati.

Nel 1982 il mio editore di allora (Einaudi) mi aveva fatto partecipare al premio Strega con il mio secondo romanzo, ‘Uccelli da gabbia e da voliera’. Subito qualcuno mi aveva chiarito che il vincitore di quell’anno era già stato deciso molto prima delle votazioni: Goffredo Parise, con il suo ‘Sillabario numero due’. Parise era molto malato (per davvero, non per finta come un altro scrittore che anni prima era riuscito a vincere lo Strega raccontando a tutti di essere moribondo) e il suo era un buon libro, così credo che in quel caso si fosse trovato un accordo tra le parti senza grandi conflitti. Sapere che non c’era una vera gara mi aveva tolto un peso di dosso, e mi aveva permesso di osservare con curiosità il mondo letterario in cui mi ero affacciato da poco e di cui non sapevo ancora quasi niente. Nel corso di alcune conversazioni, interviste, ritrovi pomeridiani in salotti avevo avuto conferma delle mie prime impressioni: si trattava di una grande famiglia un po’ incestuosa, i cui membri erano legati gli uni agli altri da un fitto intreccio di amicizie, rapporti professionali, scambi di favori, appartenenze politiche o aziendali, rivalità, invidie, rancori coltivati a lungo. Gli uffici stampa delle case editrici facevano il loro frenetico lavoro tra lusinghe e pressioni, gli scrittori firmavano copie e sorridevano e baciavano e ringraziavano, i giurati si negavano e si offrivano, i voti venivano raccolti e spostati come in una grande partita di dama. Poi mi ricordo la calda serata romana della votazione finale, nel Ninfeo di Villa Giulia allestito con tavoli e fiori e telecamere: le signore vestite come antiche matrone, gli uomini nelle loro migliori giacche estive, le facce note dei ‘personaggi della cultura e dello spettacolo’, gli abbracci e le risate, le coppe di champagne, gli sguardi di riconoscimento e di controllo, i nomi che ricorrevano, bisbigliati e ad alta voce.

Molti anni dopo, con mia sorpresa, sono stato inserito nella giuria dello Strega. E’ un premio che esiste dal 1947, i giurati originali muoiono poco alla volta e devono essere rimpiazzati periodicamente da nuovi scrittori, giornalisti e intellettuali vari: per questo il mio nome era entrato nella lista. Mi chiedevo cosa si aspettassero da me, mi imbarazzava e divertiva in modo alterno l’idea di essere stato arruolato d’autorità in un club a cui avevo deciso da tempo di non iscrivermi. Ma quando è arrivato giugno, il mese in cui viene votata la cinquina degli scrittori finalisti, ho capito rapidamente come andavano le cose.

Lo Strega è il premio letterario italiano che influisce di più sulle vendite del libro che lo vince. Secondo alcune stime gli effetti sono quantificabili dalle cinquantamila alle centocinquantamila copie, in certi casi di più. Non c’è quindi da stupirsi che sia molto appetito dagli editori e dagli autori in gara, i quali investono ogni anno una grande quantità di tempo ed energie per portarselo a casa. Si tratta di raccogliere pacchetti di voti, e la cosa naturalmente riesce meglio ai gruppi editoriali più grossi, che infatti si attribuiscono il premio secondo un principio di spartizione e alternanza. I giurati sono un po’ più di quattrocento, ognuno di loro riceve la sua dose di sollecitazioni, dirette o telefoniche. Alcune delle telefonate che ricevevo rivelavano autentico imbarazzo, altre erano allegramente disinvolte, altre incalzanti: in ogni caso sembrava sempre che chi le faceva si attenesse semplicemente alle regole (non scritte, né dichiarate) del gioco (truccato). Alcune telefonate erano surreali: me ne ricordo in particolare una, di uno scrittore che non avevo mai incontrato di persona. Aveva passato i primi dieci minuti a spiegarmi quanto ammirava i miei romanzi, sinceramente, profondamente, autenticamente. Poi mi aveva descritto in dettaglio una sua deliziosa casetta presso il mare, dove se lo avessi voluto avrei potuto passare qualche bel giorno di riposo o di lavoro, visto che era sua abitudine metterla a disposizione degli amici più cari. Infine, quando mi stavo ormai chiedendo quale fosse il suo problema, in un cambio abbastanza brusco di registro mi aveva detto “Ah, volevo ricordarti che sono in gara per lo Strega, e chiederti il tuo voto”. Quello che mi aveva colpito di più era l’idea che lui avesse fatto lo stesso tipo di telefonata a ognuno dei quattrocento e tanti membri della giuria, o almeno a quelli su cui pensava di poter far breccia.

Molto più spesso erano gli editori a telefonare, non per sollecitare semplicemente il mio voto, ma per chiedermi di consegnargli fisicamente la scheda firmata. E’ così che fanno, è la pratica corrente. Quanto ai giurati, credo che alcuni (pochissimi) diano il proprio voto per convinzione, altri per amicizia, altri perché cedono a lusinghe e insistenze. Altri il loro voto lo fanno pesare, e cercano di ottenere qualcosa in cambio: magari la pubblicazione di un testo rimasto in un cassetto, una collaborazione, un invito a cena, parole di stima e di considerazione. Altri ancora elaborano strategie, si consorziano, fanno intravedere disponibilità, tengono in sospeso, minacciano, promettono, pretendono. Ognuno di loro, nello stesso periodo di ogni anno, si sente molto importante per qualche giorno, e non può fare a meno di esserne compiaciuto. Per questo nessuno si dimette mai dalla giuria dello Strega, anche se alcuni ne parlano con ironia e distacco, addirittura con fastidio ostentato.

Per anni ho lasciato perdere, inventando scuse con chi mi chiamava, spesso votando il libro che aveva meno probabilità di vincere, anche se era brutto. Questo non mi impediva di sentirmi ipocrita e incoerente all’idea di essere nella giuria di uno dei premi letterari più condizionati d’Italia, quando da anni avevo deciso di non partecipare come concorrente neanche a quelli onesti. In un paio di occasioni ho scritto una lettera di dimissioni e poi non l’ho spedita, perché non volevo che il mio gesto potesse venire interpretato come un modo di attirare l’attenzione su di me, e perché pensavo che in fondo i traffici dello Strega sono poca cosa rispetto ai traffici che si svolgono ogni giorno dietro le quinte della politica e dell’economia. Ma sono anche convinto che ognuno debba fare quello che può per essere coerente con se stesso, nel proprio campo o nel proprio piccolo giardino. Così il 7 giugno di quest’anno ho scritto una lettera di dimissioni dalla giuria dello Strega, e il giorno dopo l’ho spedita per raccomandata al presidente. Subito dopo mi sono sentito più leggero.

Non ho rilasciato interviste su questa storia, però volevo raccontarla a voi.

Qui sotto c’è la lettera.





7 giugno 2009


Gentile Tullio De Mauro,


con questa lettera Le comunico la mia decisione irreversibile di dimettermi dalla giuria del Premio Strega.

Negli ultimi mesi ci sono state polemiche a proposito dei meccanismi in base a cui il premio viene assegnato. Dopo aver fatto parte della giuria dello Strega per alcuni anni, posso confermare che di solito la vittoria di un romanzo non dipende dai suoi meriti, ma da un patto di spartizione tra i principali gruppi editoriali. A volte questi raggiungono un tacito accordo, e il risultato viene di fatto deciso prima ancora della votazione. A volte il confronto dura più a lungo, finché non è chiaro il rapporto delle forze in campo. In ogni caso è pratica consolidata che i grossi editori raccolgano le schede di autori e collaboratori, i quali quasi sempre le cedono per amicizia, per quieto vivere, perché vengono allettati con lusinghe, promesse e scambi di favori, o per il gusto di esercitare per un breve momento un piccolo potere. Non credo affatto che gli editori siano i corruttori e i giurati le povere vittime: è l’intero sistema a essere guasto, e le colpe sono distribuite tra tutte le parti in causa.

So che Lei, in un lodevole tentativo di arginare queste pratiche, ha invitato i giurati a consegnare o spedire personalmente il proprio voto. Purtroppo temo che i vecchi metodi continueranno: le schede del resto sono numerate, ed è facile verificare chi ha votato quale libro.

Trovo triste che un bel romanzo non abbia alcuna possibilità di vincere il premio Strega solo perché è pubblicato da un piccolo editore, o magari da uno grande ma nell’anno sbagliato. Trovo ancora più triste che un lettore o una lettrice comprino un libro perché credono che la fascetta sulla copertina garantisca qualità riconosciute da una giuria di persone competenti e disinteressate, non sapendo che le ragioni dietro la vittoria del premio sono tutt’altre. E’ un inganno di cui non intendo più essere neanche marginalmente corresponsabile. Da anni ho scelto di non partecipare con i miei romanzi a premi letterari, per non avere a che fare con i traffici che troppo spesso li animano. Per la stessa ragione mi dimetto oggi dalla giuria dello Strega.

Un saluto cordiale


Andrea De Carlo